Daniela Padoan: Da molti anni si occupa dell’ascesa dell’autoritarismo e del modo in cui esso mina le democrazie dall’interno. Quali ombre vede incombere sull’orizzonte politico europeo?
Jean-Claude Monod: Gli attacchi allo Stato di diritto e all’indipendenza dei giudici, le restrizioni al diritto di criticare pubblicamente le autorità, la tendenza a criminalizzare le proteste e persino le manifestazioni sono caratteristiche comuni dei governi di estrema destra, tuttavia alcuni di questi aspetti si possono riscontrare anche in governi che non possono essere classificati come tali; ad esempio in Francia, sotto la presidenza Macron, la repressione delle manifestazioni è stata estremamente dura man mano che cresceva l’esasperazione sociale. Con i governi di Giorgia Meloni in Italia, Viktor Orbán in Ungheria e la vittoria sventata solo per un soffio del Rassemblement National alle elezioni parlamentari francesi, lo spettro dell’autoritarismo aleggia sull’Europa, rafforzato da un lato dall’opera di destabilizzazione della propaganda russa sui social network, dall’altro dalla recente vittoria di Trump negli Stati Uniti. Rischiamo di avere un nucleo di paesi europei ridotto a una fragile isola di democrazia liberale, per questo bisogna prestare molta attenzione a ciò che li minaccia.
DP: Negli Stati Uniti, con l’insediamento di un presidente protetto da immunità nonostante sia stato incriminato con l’accusa di aver istigato l’assalto a Capitol Hill, questi stessi fenomeni si verificano a ritmo incalzante e con modalità particolarmente brutali. Lei ha introdotto il concetto di “dittatura oligarchica” per definire un neoliberalismo autoritario che implica il mantenimento di facciata delle libertà di critica e manifestazione e la contemporanea tendenza a reprimere i movimenti sociali ed ecologisti, assieme a una drastica riforma fiscale che favorisce le imprese e si abbatte sullo stato sociale, la cultura, la ricerca, gli aiuti internazionali.
JCM: L’idea di un autoritarismo (neo)liberale è stata avanzata dal giurista tedesco Hermann Heller in risposta all’emergere di una parola d’ordine proposta sia dall’economista ordoliberale Alexander Rüstow sia dal giurista conservatore Carl Schmitt: “Stato forte, economia libera”. Ma oggi negli Stati Uniti, con l’accoppiata Trump-Musk, nemmeno parlare di neoliberalismo è più appropriato, dal momento che questa dottrina ha generalmente mantenuto l’idea che lo Stato debba preservare un quadro giuridico minimo e una rete di protezione per gli individui esclusi dal mercato, mentre oggi assistiamo alla disgiunzione tra democrazia politica e sociale e un liberalismo economico completamente a favore dei più ricchi. Inoltre i grandi rappresentanti dell’ordoliberalismo e del neoliberalismo diffidavano di leader politici demagogici e irrazionali. L’aspetto oligarchico è evidente nell’alleanza dei miliardari che sostengono Trump e la sua politica. È qualcosa contro cui il filosofo americano John Dewey metteva in guardia già negli anni Venti: il rischio che le grandi imprese prendano il controllo diretto del governo e dello Stato. Se la tendenza attuale verrà confermata, dovremo trovare un’altra descrizione, come quella che ho proposto sotto il nome di “dittatura oligarchica”.
DP: Vediamo da un lato i raduni delle destre estreme con lo slogan della “remigration”, dall’altro la Gold Card di Trump che, per cinque milioni di dollari, promette agli stranieri di qualsiasi nazionalità, purché ricchi, di comprare la residenza americana, divenuta dunque una merce, non più un diritto. Lei ha scritto che il diritto di definire sovranamente quali diritti riconoscere o meno agli stranieri presenti all’interno di un Paese può aprire la strada a una “democrazia senza diritti dell’uomo”, una democrazia razzista: una potenzialità sempre aperta quando il concetto di democrazia è ridotto a meccanismo di rappresentazione della volontà del popolo svincolato da ogni normativa universale.
JCM: Quando ho lavorato sul pensiero di Carl Schmitt negli anni Venti e Trenta ho visto l’esempio – o il controesempio – di un teorico che dissociava radicalmente democrazia e liberalismo intendendo per democrazia la “volontà del popolo” che poteva essere espressa in modo plebiscitario o acclamatorio nei confronti del “capo”, e per liberalismo l’uguaglianza dei diritti, i diritti umani e l’apertura cosmopolitica. A partire dagli anni Venti, Schmitt riteneva che una “democrazia” potesse escludere radicalmente gli stranieri dall’ordinamento giuridico, il che gli rese più facile sostenere le leggi di Norimberga. Non solo questa dissociazione è catastrofica, ma vediamo ancora una volta che il disprezzo per la legge, lo Stato di diritto e i diritti umani è un continuum: il primo bersaglio è sempre lo straniero, il migrante, ma poco per volta riguarda potenzialmente tutti.
DP: Le forme di espressione popolare che esulano dalla rappresentanza parlamentare, come l’attivismo, l’associazionismo e le varie forme di democrazia partecipativa, sembrano sempre più disorientate e incapaci di parlare alla massa delle persone. Siamo di fronte a un nuovo nichilismo che lascia campo libero al culto del capo e a derive autoritarie, o ci sono ancora possibilità alternative credibili per coinvolgere nella vita pubblica le moltissime persone disilluse, risentite e sempre più distanti dalla politica?
JCM: Credo che nella situazione di grande pericolo che lei descrive come nichilista, dobbiamo fare due cose insieme: difendere la democrazia liberale, le istituzioni che devono garantire l’equilibrio dei poteri, l’indipendenza della magistratura, la libertà di ricerca e di critica, i diritti umani; ma anche esplorare forme di “democratizzazione della democrazia”; una democrazia più quotidiana, più vicina, per la quale il voto dei cittadini sulle questioni locali potrebbe essere un’ispirazione. È necessario esercitare una vigilanza collettiva sulle libertà pubbliche e formulare alternative. E al tempo stesso smascherare il modo in cui l’estrema destra utilizza i risentimenti sociali ed economici indirizzandoli verso capri espiatori, minoranze, popolazioni più esposte, migranti o trans, con il sostegno di proprietari miliardari di media o social network desiderosi di smantellare le normative e distruggere la redistribuzione della ricchezza.
Osservatorio Autoritarismo
Il luogo dove agire insieme per comprendere e fermare il processo di svuotamento della democrazia costituzionale e il progressivo attacco alla libertà di espressione e manifestazione.
Sostieni il progettoL’Osservatorio Autoritarismo nasce per iniziativa dell’associazione di cultura politica Libertà e Giustizia e della casa editrice Castelvecchi. I firmatari del testo costitutivo sono impegnati nella costruzione di giornate di studio aperte in numerose università d’Italia.
Le prime si terranno il 16 giugno alla Statale di Milano, il 12 settembre all’Istituto Universitario Europeo di Firenze, il 15 dicembre alla Sapienza di Roma.