Al termine del ciclo di sette incontri L’Unione europea come garante di democrazia, pace, giustizia – al quale hanno preso parte esperti, esponenti delle istituzioni europee e rappresentanti della società civile* che si sono interrogati sul ruolo del Parlamento europeo e sugli spazi di partecipazione di cittadini, associazioni e corpi intermedi – Libertà e Giustizia, in collaborazione con Cgil Milano, ha elaborato dieci richieste da rivolgere alle candidate e ai candidati che si presenteranno alle prossime elezioni europee: dieci aree di impegno in cui promuovere, nel caso di elezione, azioni fondamentali per la democratizzazione dell’Unione, il rafforzamento del Parlamento – unico organo elettivo europeo – e la piena partecipazione della cittadinanza europea.
- Rafforzare il principio democratico nell’Unione europea
- Promuovere i valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’eguaglianza e della solidarietà, trasformando l’Unione europea in un vero Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia, come previsto dai Trattati
- Pilastro Sociale e lavoro: promuovere l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine e combattere le discriminazioni
- Promuovere la partecipazione civica
- Superare l’approccio intergovernativo in materia di migrazione e asilo
- Promuovere lo spazio giudiziario europeo
- Democratizzare la nascente politica di difesa europea
- Assicurare il diritto alla salute
- Rafforzare il Green deal europeo
- Agire per un’Agenda della società civile europea
1. Rafforzare il principio democratico nell’Unione europea
Secondo l’art. 10.1 del Trattato sull’Unione europea, «il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa». Questo pone sulle spalle del Parlamento europeo una grande responsabilità nella protezione e promozione dei valori a fondamento dell’Unione, quali «la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani». Secondo il Trattato, «questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini” (art. 2 TUE).
Tuttavia questi valori rischiano di restare lettera morta – non diversamente dalle ambiziose missioni che l’UE si è data negli anni – se non sono accompagnati dalla fiducia reciproca, fondata sulla cooperazione leale e sulla solidarietà innanzitutto fra le Istituzioni dell’Unione (art. 13.2 TUE) e fra queste e gli Stati membri (art. 4.2 TUE).
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
1.1 Instaurare in spirito di cooperazione leale un dialogo diretto tra Parlamento europeo e Consiglio Europeo in materia di promozione dei valori fondamentali dell’Unione e di attuazione delle missioni che questa si è data (art. 3 TUE), sapendo che tali missioni possono avere successo solo quando convergono strategie (Consiglio europeo) e potere legislativo (Parlamento europeo e Consiglio).
In questa prospettiva:
– l’Agenda Strategica 2024-2029 che il Consiglio intende approvare immediatamente dopo le elezioni europee e alla cui definizione il Parlamento europeo non è stato chiamato a contribuire deve essere considerata come un semplice documento politico che non vincola né il Parlamento né la Commissione che questi nominerà sulla base di un programma legislativo ancora da definire;
– il Consiglio europeo dovrebbe rivedere d’urgenza – a maggioranza qualificata (art. 236 TFUE) come richiesto dal Parlamento europeo (1) – la propria decisione secondo la quale la Presidenza del Consiglio dell’Unione dovrebbe spettare dal 1° luglio 2024 all’Ungheria, paese da anni sotto procedura di sorveglianza ai sensi dell’art 7.1 TUE, i cui fondi sono tuttora bloccati ai sensi del regolamento sulla condizionalità di bilancio. Mantenere l’Ungheria alla Presidenza di un’istituzione che condivide con il Parlamento europeo il potere legislativo e di bilancio e che dovrebbe promuovere i valori dell’Unione, toglierebbe agli occhi dei cittadini quel che resta della credibilità del Consiglio europeo e porrebbe le premesse di inutili tensioni tra Parlamento (che ha denunciato l’Ungheria nel 2018).
1.2 Confermare il ruolo del Parlamento europeo, anche in quanto autorità di Bilancio, nel promuovere l’attivazione della condizionalità finanziaria nei confronti degli Stati membri nel caso in cui le risorse del contribuente europeo rischiassero di sostenere iniziative in violazione dei diritti fondamentali (2); verificare nella stessa prospettiva che istituzioni, agenzie e organismi europei utilizzino le risorse europee nel pieno rispetto dei diritti fondamentali;
1.3 esigere un sostanziale aumento delle risorse proprie europee in occasione delle future previsioni finanziarie multiannuali 2028-2035, affinché l’Unione europea venga dotata delle risorse finanziarie necessarie per il raggiungimento dei propri obiettivi.
2. Promuovere i valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’eguaglianza e della solidarietà, trasformando l’Unione europea in un vero Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia, come previsto dai Trattati
A complemento di quanto indicato nel punto precedente sul principio della democrazia rappresentativa (art. 10.1 TEU), va ricordato che al Parlamento europeo è assegnata una responsabilità particolare nel promuovere diritti e interessi dei cittadini degli Stati membri nel quadro della trasformazione dell’UE in uno spazio sovranazionale di Libertà, Sicurezza e Giustizia (art. 3 TUE).
L’ultima strategia globale UE adottata dal Consiglio europeo in materia risale però al 2009 (Programma di Stoccolma). Da allora, l’agenda dell’Unione europea è stata fortemente sbilanciata sui temi della sicurezza, con scarsi interventi in materia di promozione delle libertà e dei diritti (ad esempio misure antidiscriminatorie e protezione dei dati) e interventi ancora più scarsi per quel che riguarda la costruzione di un vero spazio giudiziario europeo. Quanto alla protezione e promozione dei “valori” europei, sino alla recente attivazione delle misure di condizionalità finanziaria, la Commissione si è limitata a pubblicare relazioni periodiche sulla situazione negli Stati membri in materia di diritti fondamentali, sul rispetto dello Stato di diritto (Rule of law) e sulla qualità della giustizia.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
2.1 rilanciare nella nuova legislatura, con il supporto della nuova Commissione, un nuovo programma pluriennale per la trasformazione dell’Unione in un reale Spazio di Libertà Sicurezza e Giustizia che rafforzi le misure in materia di libertà e giustizia;
2.2 limitare, anche promuovendo l’intervento della Corte, il ricorso da parte del Consiglio a provvedimenti di emergenza (come nel caso della crisi del Covid-19) che escludono l’intervento del Parlamento europeo, il quale deve intervenire almeno in via successiva all’adozione dei provvedimenti del Consiglio o della Commissione (art. 122 TFUE, art. 78.3 TFEU);
2.3 promuovere all’interno della nuova Commissione la figura di un Alto Rappresentante per lo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia cui risponda una struttura amministrativa adeguata, con competenze di verifica del rispetto dei diritti fondamentali in tutte le proposte legislative e amministrative della Commissione;
2.4 agire affinché il Parlamento europeo si doti finalmente di norme che inquadrino il diritto di inchiesta e preveda norme come quelle che proteggono il Congresso USA da dichiarazioni false o reticenti da parte di rappresentanti delle altre istituzioni, agenzie e organismi (come avvenuto nel caso dell’ex direttore dell’Agenzia europea delle frontiere Frontex).
3. Pilastro Sociale e lavoro: promuovere l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine e combattere le discriminazioni
Il recente summit sul Pilastro sociale, a La Hulpe, ha indicato una serie di iniziative prioritarie per l’Agenda Strategica. Al cuore del Pilastro sociale sono i 20 principi che dovrebbero permettere di raggiungere entro il 2030 il 78% di occupazione della popolazione tra 20 e 64 anni, la formazione professionale permanente per il 60% degli adulti, la riduzione dei rischi di povertà ed esclusione sociale per almeno 15 milioni di persone.
Anche se gli Stati membri hanno presentato le strategie nazionali nel giugno 2022, molto resta da fare a livello sovranazionale, anche in vista di un possibile futuro allargamento a paesi il cui tasso di sviluppo è molto inferiore a quello medio degli attuali Stati membri.
Progresso economico e sociale vanno programmati e realizzati insieme per contribuire alla riduzione dei divari sociali e territoriali e migliorare la competitività dell’Europa. In questa prospettiva, rafforzare e diffondere per tutti i lavoratori, indipendentemente dalle condizioni di impiego, il diritto di organizzazione sindacale, alla partecipazione strategica, alla contrattazione collettiva e allo sciopero è un requisito pre-distributivo essenziale al riequilibrio delle strutturali condizioni di diseguaglianza realizzate dal mercato.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
3.1 migliorare ed estendere tutte le previsioni legislative UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro, per realizzare l’obiettivo di zero morti sul lavoro o causati da malattie professionali e nessuna forma di violenza di genere;
3.2 rendere permanenti i meccanismi di solidarietà sovranazionali, come ad esempio il sistema SURE (3) che ha contribuito a superare la crisi post-Covid ma la cui disponibilità è terminata il 31 dicembre 2022, e promuovere a livello europeo la convergenza verso l’alto delle retribuzioni, eliminando il divario retributivo di genere;
3.3 promuovere, in vista della revisione del Pilastro Sociale nel 2025, i diritti dei lavoratori, l’uguaglianza di genere, la lotta alle discriminazioni (anche al di fuori dell’ambiente di lavoro) per tutti i gruppi relativamente sottorappresentati, le politiche di riqualificazione e un’adeguata protezione e inclusione sociale;
3.4 garantire l’attuazione di tali misure sia attraverso adeguati investimenti in politiche industriali sia con l’accesso universale a servizi pubblici di alta qualità, cruciali per la coesione sociale e la sostenibilità del modello sociale europeo;
3.5 introdurre un quadro europeo in materia di informazione, consultazione e partecipazione, estendendo la copertura della contrattazione collettiva e garantendo la trasparenza nelle condizioni di impiego, indipendentemente dalla forma giuridica del rapporto di lavoro;
3.6 in considerazione della transizione demografica e dell’inadeguatezza delle competenze che colpisce tutti gli Stati membri, sono necessarie azioni che realizzino programmi universali di apprendimento permanente, certificazione delle competenze e riconoscimento dei titoli di studio conseguiti in paesi terzi;
3.7 sostenere opportune garanzie sull’utilizzo degli algoritmi, come già previsto per i lavoratori che operano su piattaforme digitali, alla luce dell’Agenda Digitale europea e dell’impatto del ricorso all’intelligenza artificiale; in tutti i contesti nei quali trovino applicazione strumenti di gestione affidati a intelligenza artificiale generativa, va garantita l’incorporazione del principio “human in control”, attraverso l’affermazione per i lavoratori e le loro rappresentanze del diritto di informazione, consultazione, partecipazione e contrattazione per l’applicazione di modelli basati su strumenti algoritmici nelle organizzazioni; saranno necessarie valutazioni e azioni aggiuntive per garantire migliori e più eque condizioni di lavoro,come il controllo e la riduzione dell’orario di lavoro, il diritto alla disconnessione, la tutela da condizioni di lavoro produttrici di stress, la protezione contro la sorveglianza invasiva;
3.8 operare per un quadro legale più efficiente ed equo per la cooperazione transfrontaliera e per i lavoratori mobili – anche nella prospettiva del futuro allargamento – evitando di ripetere gli estenuanti negoziati che hanno caratterizzato l’adozione delle norme europee in materia di lavoratori distaccati.
4. Incoraggiare la partecipazione civica
L’Unione europea è tuttora percepita come una creazione distante, le cui politiche sono spesso filtrate da livelli di governo locale, regionale o nazionale. Eppure, in base ai Trattati e alla Carta, i cittadini e le cittadine dovrebbero poter partecipare in modo strutturato alla formazione delle decisioni, alla loro applicazione e, se del caso, alla loro correzione.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
4.1 generalizzare a tutte le politiche europee i meccanismi di trasparenza e partecipazione previsti in campo ambientale dalla Convenzione di Aarhus;
4.2 promuovere, a difesa della trasparenza legislativa, la pubblicazione proattiva degli atti preparatori legislativi, specie in occasione dei negoziati interistituzionali (triloghi), come già previsto dal trattato (art. 15.2 TFUE);
4.3 ottenere dalla Presidenza della nuova Commissione la presentazione di proposte legislative in materia di trasparenza e buona amministrazione (art.41 della Carta e 298 TFUE), per fare ordine e chiarezza nella galassia di istituzioni, agenzie e organismi dell’UE;
4.4 difendere il diritto alla libertà di espressione e al pluralismo (art. 11 della Carta) – in un quadro che vede gli operatori dei media sempre più spesso vittime di minacce e procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi – rafforzando la strategia già avviata con la Direttiva 2024/2069 sulle azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (SLAPP).
5. Superare l’approccio intergovernativo in materia di migrazione e asilo
L’Unione europea è ancora fortemente influenzata da logiche intergovernative nella definizione delle sue strategie in materia legislativa e nell’applicazione delle sue politiche. L’incremento di poteri e responsabilità non è stato accompagnato da un corrispondente incremento della cooperazione leale, della solidarietà e, in definitiva, della fiducia fra Stati membri. La più recente riprova ne è stata l’adozione del Patto europeo per la migrazione e l’asilo.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
5.1 seguire passo passo i problemi di attuazione nei prossimi tre anni delle norme del Patto, superando le persistenti ambiguità dei testi legislativi alla luce della Carta e della giurisprudenza della Corte; procedere ai necessari adeguamenti del mandato delle agenzie europee, a partire da Frontex, sapendo che la recente valutazione da parte della Commissione non rispecchia le criticità dell’Agenzia. Non vengono menzionati – tantomeno valutati – il ruolo di Frontex nel soccorso in mare, previsto esplicitamente nel Regolamento (UE)2019/1896), né il supporto alla presentazione di domanda di protezione internazionale alla frontiera, altrettanto previsto nel Regolamento. In considerazione della portata della missione e dell’impatto di questa Agenzia sui diritti, il Parlamento dovrà rendere permanente il gruppo di lavoro per la supervisione di Frontex. È prioritario:
– rendere evidenti le responsabilità amministrative in occasione di azioni congiunte;
– assicurare attraverso una formazione adeguata la qualità dei servizi pubblici resi ai migranti a livello nazionale e locale, oltre che sul territorio di paesi terzi;
– favorire la trasparenza del monitoraggio permanente a partire dal 1° gennaio 2024 da parte dell’Agenzia per l’asilo;
– assicurare che la cooperazione di Schengen non venga di fatto boicottata invocando inesistenti minacce alla sicurezza;
5.2 premere sulla Commissione per la presentazione di proposte legislative organiche a rafforzamento delle politiche migratorie e di integrazione (art. 79 TFEU) in campo sociale e, unitamente, completare il Patto con norme in materia di migrazione regolare, in considerazione del fatto che il Trattato prevede ormai di regola la maggioranza qualificata e l’unanimità solo sulle quote nazionali;
5.3 trasformare l’annuncio generico del Patto di ampliare in modo significativo le vie di accesso legale e protetto, tanto per motivi di protezione quanto di occupazione, in uno strumento operativo e in una programmazione pluriennale, poiché in assenza di un’effettiva politica sulle migrazioni regolari e sulle conseguenti misure di integrazione, l’UE si è trasformata in una fortezza, privandosi al tempo stesso della forza lavoro necessaria per sostenere il proprio sistema produttivo e pensionistico;
5.4 contrastare la persistente campagna securitaria europea che legittima alcuni Stati membri ad attuare politiche di “esternalizzazione” della governance migratoria, la cui base legale è più che dubbia anche per quanto riguarda il ruolo delle Agenzie europee e, unitamente, convincere le altre istituzioni dell’evidenza che l’Unione europea sta abdicando alle proprie responsabilità e assumendo costi umani e finanziari che superano di gran lunga quelli necessari a una politica di integrazione delle persone migranti nel mondo del lavoro;
5.5 sostituire la logica poco solidale del regime di Dublino con un approccio centrato sulle esigenze delle persone, come è avvenuto con l’attivazione della Direttiva sulla Protezione temporanea in occasione della crisi ucraina; occorre ampliare l’attuazione della Direttiva Protezione temporanea oltre che per gli sfollati dall’Ucraina anche per altri gruppi di migranti in situazione similare, che necessitino la protezione a causa di guerre, persecuzioni, minacce, seri pericoli per la vita o per l’incolumità personale, rischio fondato di non sopravvivenza a causa di calamità naturali, garantendo sin dal momento dell’arrivo l’accesso al lavoro, alla tutela della salute, all’istruzione, all’alloggio. L’esperienza ha dimostrato che, grazie al regime di tale Direttiva, non solo è stato possibile mobilitare la società civile europea e risolvere il problema di milioni di sfollati senza alcuna ricaduta in materia di sicurezza, ma tutti gli Stati membri hanno potuto rispondere, come non era mai avvenuto prima, alle esigenze delle persone migranti in materia di mobilità, sanità, istruzione, lavoro e assistenza;
5.6 rafforzare in modo urgente e prioritario il sistema di garanzie giurisdizionali previste dalla Carta (art. 41 e 47) a favore dei migranti confrontati con la messa in opera del Patto; tali garanzie vanno garantite in particolare in occasione dei ricorsi amministrativi (complaint mechanism) in particolare quando vengano applicate le cosiddette procedure di frontiera, disposta la detenzione amministrativa o limitati i diritti dei minori.
6. Promuovere lo spazio giudiziario europeo
I diritti non sono tali se non possono essere invocati presso un giudice. Benché ogni giudice nazionale sia giudice europeo, è di fondamentale importanza rafforzare le istituzioni giudiziarie dell’Unione, non solo con una migliore articolazione del carico di lavoro tra Tribunale e Corte, come deciso recentemente, ma anche con il rafforzamento del ruolo della Procura Europea e con un più facile accesso da parte delle organizzazioni della società civile (class actions, redress mechanism).
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
6.1 rafforzare la Procura Europea coprendo, ai sensi dell’art. 86 del Trattato, anche i reati legati al terrorismo internazionale, i reati ambientali transfrontalieri, le misure restrittive in materia di difesa, le azioni di responsabilità nei confronti di rappresentanti delle istituzioni in casi di malversazione o di corruzione (vedi i casi Qatargate, Russiagate ecc.);
6.2 prevedere il ricorso diretto al giudice europeo per ottenere il rispetto di diritti garantiti dai Trattati e dalla Carta, in considerazione del fatto che il diritto di ricorso diretto dei cittadini ai giudici europei resta limitato (giurisprudenza Plaumann) e che, se è vero che i giudici nazionali devono anche giudicare come giudici europei, va tenuto in conto che vi sono paesi europei dove il principio dello Stato di diritto (rule of law) è sotto forte pressione, vuoi per ragioni funzionali, vuoi per scelta politica.
7. Democratizzare la nascente politica di difesa europea
L’Unione europea non ha competenze dirette in materia di difesa esterna ma si è trovata a fronteggiare crisi di estrema gravità alle proprie frontiere, come nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina, o in prossimità, come nei conflitti in Palestina e in Medio Oriente. Per rispondere a tali crisi, l’Unione europea e gli Stati membri hanno mobilitato ingenti risorse e hanno avviato programmi di riarmo che hanno un evidente impatto su diverse politiche coperte dal diritto europeo.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
7.1 promuovere un’Europa che si ponga negli equilibri mondiali come una forza dotata di autonomia, capace di rapportarsi in senso positivo con il Sud del mondo, facendo della pace il cardine principale della propria iniziativa; in questa prospettiva, vanno sostenute iniziative per conferenze diplomatiche di pace come quella organizzata dalla Germania per trovare una soluzione alla guerra in Ucraina e quella organizzata dall’Alto Rappresentante per trovare una via d’uscita alla catastrofe di Gaza;
7.2 pretendere che i programmi europei intesi a sviluppare una politica industriale in materia di difesa vengano attuati nel rispetto di quanto previsto dall’art. 3.5 TUE, secondo il quale «nelle relazioni con il resto del mondo, l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite». Di conseguenza, dovrebbe essere vietata la produzione e il commercio di armi passibili di essere utilizzate in situazioni che violino tali principi (art. 21.1 TUE e art. 2(2)(c) della Posizione Comune del Consiglio 2008/944/CFSP, che vieta agli Stati membri il rilascio di «licenze di esportazione, qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possono essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale»).
7.3 attivare, in attesa di riforme dei Trattati, la “passerella” prevista in materia di difesa (non in campo militare), in modo da superare l’unanimità in Consiglio, e prevedere la codecisione del Parlamento almeno per tutte le scelte di portata strategica che possano avere un impatto sulle politiche dell’UE;
7.4 operare affinché il controllo parlamentare, anche nei confronti della Commissione e degli Stati membri, con particolare riguardo al rispetto del diritto umanitario e della Carta, sia svolto in collaborazione con i Parlamenti nazionali e sia coordinato da una commissione parlamentare a pieno titolo (in sostituzione dell’attuale sotto-commissione Difesa).
8. Assicurare il diritto alla salute
La crisi del Covid-19 ha dimostrato che l’azione dell’Unione è fondamentale per promuovere il godimento del diritto alla salute da parte di quanti si trovino sul territorio dell’Unione. Anche se in questo campo il Trattato prevede solo misure di supporto dell’azione degli Stati membri, escludendo misure legislative di armonizzazione, molto si può fare in materia di formazione e ricerca congiunta, libera circolazione delle professioni sanitarie, riconoscimento reciproco dei titoli, creazione di riserve strategiche di medicinali.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
8.1 operare perché l’Unione europea sviluppi uno spazio sanitario europeo in cui i diritti alla tutela sanitaria siano garantiti a quanti si trovino sul territorio dell’Unione, e che a tal fine siano assicurate le risorse economiche necessarie e previste le necessarie reti di cooperazione scientifica e sanitaria;
8.2 vigilare affinché, a fronte del rischio di scarsità di medicinali sul territorio dell’UE, siano assicurate le scorte strategiche di medicinali in caso di bisogno o di risorgenti pandemie.
9. Rafforzare il Green deal europeo
Il diritto a un ambiente sano è sempre più riconosciuto dai giudici europei e nazionali come un diritto fondamentale. Nella prima fase della legislatura, l’Unione europea ha fatto notevoli passi avanti con il Green deal europeo, ma recentemente sembra aver deciso di rallentarne l’applicazione (3), mettendo a rischio gli impegni presi a livello internazionale e, soprattutto, la tutela della salute e la transizione giusta e ordinata verso un nuovo modello di sviluppo per importanti settori dell’economia, come quello agricolo, energetico e industriale. Come affermato da oltre 300 organizzazioni della società civile(4), il processo di decarbonizzazione in seno all’Unione è più urgente che mai, con provvedimenti che sanzionino i soggetti inquinanti, dando attuazione al concetto del non superamento dei “limiti planetari”, per contrastare efficacemente il cambiamento climatico e tutelare la biodiversità. Si tratta di politiche che richiedono una forte integrazione dei livelli di governo: europeo, nazionale, regionale e locale, nell’ambito di un’ecologia integrale che deve indirizzare la transizione ecologica con l’abbandono totale dei fossili entro il 2050, favorendo il criterio della sufficienza rispetto a quello dell’efficienza. In modo particolare, occorre individuare i sistemi naturali e i processi biofisici fondamentali che sostengono la vita sulla Terra e i cambiamenti che possono essere apportati in modo sicuro al loro interno senza alterare profondamente le interconnessioni tra l’intero vivente. In questa prospettiva, occorre poggiare su criteri di decentramento territoriale e di ricorso alle energie rinnovabili, interconnesse su base territoriale attraverso un ridisegno delle reti elettriche, il potenziamento degli scambi regionali, l’impiego di idrogeno e batterie e la diffusione delle comunità energetiche.
Il Parlamento europeo ha un ruolo fondamentale nella verifica del conseguimento degli obiettivi, anche in relazione all’utilizzo delle notevoli risorse finanziarie che la transizione comporta, alla scelta delle fonti energetiche da privilegiare e alla messa in opera del principio di solidarietà, recentemente confermato dalla corte di Giustizia.
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
9.1 promuovere, in vista dell’Obiettivo 2030, la decarbonizzazione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili rispetto alle fonti fossili e al nucleare, anche di ultima generazione, evitando pause e ripensamenti;
9.2 agire per la messa in opera di adeguati mezzi finanziari per assicurare la transizione ambientale ed energetica giusta, anche sotto forma di Eurobond, nel quadro delle attuali previsioni finanziarie 2021-2027 e in quelle 2028-2035 che la Commissione presenterà l’anno prossimo; costituire un fondo di sovranità europea per la giusta transizione e per i beni comuni, nonché ottenere una efficace regolamentazione dei mercati finanziari, energetici, delle materie prime e alimentari in grado di contrastare la speculazione.
10. Agire per un’Agenda della società civile europea
Il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali hanno creato spazi nuovi per la rappresentanza dei cittadini europei, per il rafforzamento delle forze politiche, per l’organizzazione di un dialogo costante con la società civile e con i rappresentanti di interessi, ma mentre questi ultimi sembrano aver trovato vie dirette e indirette per influenzare le scelte europee, altrettanto non si può dire per la partecipazione quotidiana della società civile alla costruzione del presente dell’Europa. Sotto questo profilo, il Parlamento europeo, pur prendendo molte iniziative, non riconosce, come invece dovrebbe ai sensi dell’art.11 del TUE, il ruolo della società civile. Vi sono quindi ancora ampi spazi di partecipazione della società civile alla formazione trasparente delle misure legislative europee e al controllo della loro applicazione negli Stati membri e negli Stati terzi (in presenza di interventi e strutture europee).
A questo proposito chiediamo un impegno, in caso di elezione, a:
10.1 operare affinché il Parlamento europeo, insieme all’altro co-legislatore Consiglio, strutturi meglio l’interazione con la società civile in occasione della formazione delle norme europee, coinvolgendo le ONG iscritte nel Registro trasparenza e procedendo alla pubblicazione dei loro contributi al processo legislativo;
10.2 fare in modo che il Parlamento europeo si doti, come gli Stati membri, di norme in materia di whistleblower, così da permettere la denuncia di casi di cattiva amministrazione o di corruzione a chi ne venga a conoscenza;
10.3 prevedere, in occasione della trasposizione del diritto europeo e dell’utilizzodelle risorse dell’UE, che il Parlamento europeo (fermo restando il meccanismo formale della Petizione) si apra alle organizzazioni della società civile perché queste possano denunciare azioni e omissioni delle istituzioni europee e degli stessi Stati membri;
10.4 sollecitare il Consiglio, dopo la prima lettura del Parlamento europeo sulla proposta in materia di associazioni transfrontaliere, a portare rapidamente a conclusione questo essenziale strumento per la società civile europea (5);
10.5 sostenere, facendo tesoro dell’esperienza maturata con la Direttiva in materia di protezione degli interessi collettivi dei consumatori (6), una proposta legislativa analoga a tutela degli interessi collettivi dei cittadini.
* Hanno coordinato il ciclo di incontri:
Emilio DE CAPITANI già Segretario Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento Europeo
Paola REGINA, avvocata internazionalista, rappresentante Unione forense Diritti umani.
Hanno partecipato in qualità di relatori e relatrici, contribuendo in taluni casi e sulle specifiche materie alla messa a punto della sintesi finale e dei dieci punti programmatici:
Mario AGOSTINELLI, presidente associazione Laudato si’
Marzia BARBERA, ordinaria di Diritto del lavoro Università degli Studi di Brescia
Franco BASTAGLI, ex assistente Segretario generale Onu in peacekeeping
Raffaella BOLINI, vicepresidente nazionale ARCI
Filippo CIAVAGLIA, Area Politiche europee e internazionali Cgil
Pier Virgilio DASTOLI, presidente Movimento europeo Italia
Luca DE MATTEIS, capo Servizio giuridico della Procura europea
Roberta DE MONTICELLI, ordinaria di Filosofia della persona Università San Raffaele Giosuè DE SALVO, analista di politiche UE per la sostenibilità
Veronica DINI, avvocata specializzata in contenzioso ambientale e climatico
Enzo DI SALVATORE, docente di Diritto costituzionale Università degli Studi di Teramo
Chiara DI STASIO, docente di Diritto internazionale Università di Brescia
Chiara FAVILLI, ordinaria di Diritto dell’Unione europea Università degli Studi di Firenze
Anna GEROMETTA, presidente associazione Cittadini per l’aria
Alberto GUARISO, avvocato giuslavorista, docente di Diritto antidiscriminatorio, Asgi
Christopher HEIN, già direttore del Consiglio Italiano Rifugiati, docente di Diritto e politiche di immigrazione e asilo Università Luiss
Giorgia LINARDI, portavoce di Sea-Watch
Paolo MOROZZO DELLA ROCCA, ordinario di Diritto privato, Comunità di Sant’Egidio
Daniela PADOAN, scrittrice, presidente di Libertà e Giustizia
Nicoletta PARISI, ordinaria Diritto internazionale e dell’UE Università Cattolica di Milano
Ezio PERILLO, già giudice presso la EU General Court
Fausto POCAR, già presidente Comitato Diritti umani delle Nazioni Unite e giudice del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia
Silvia RIGHI, relatrice sulla Direttiva “Platform Work” e dottoressa di ricerca Diritto UE
Mario SAVINO, ordinario di Diritto amministrativo Università della Tuscia
Omer SCHATZ, ricercatore e avvocato internazionalista, fondatore di Front-Lex,
Tullio SCOVAZZI, docente di Diritto internazionale, referente Onu in controversie internazionali di diritto del mare
Armando SPATARO, già Magistrato e giurista
Francesco STRAZZARI, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Tullio TREVES, già presidente Società italiana di Diritto internazionale
Lucia TRIA, presidente di Sezione della Cassazione
Nadia URBINATI, politologa, docente Scienze politiche Columbia University, New York Francesco VIGNARCA, coordinatore nazionale Rete Pace Disarmo
Daniela VITIELLO, docente di Diritto dell’UE Università degli Studi della Tuscia
Graham WATSON, già presidente Commissione Libe al Parlamento europeo e Gruppo Alde
(1) Vedi Risoluzione del Parlamento europeo del 24 aprile 2024 sulle audizioni in corso a norma dell’articolo 7 paragrafo 1 TUE riguardanti l’Ungheria per rafforzare lo Stato di diritto, e sulle relative implicazioni di bilancio (2024/2683(RSP)).
(2) Vedi risoluzione del 2 settembre 2018 su una proposta recante l’invito al Consiglio a constatare, a norma dell’articolo 7 paragrafo 1 TUE, l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione (2017/2131(INL)) https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2018-0340_IT.html.
(3) Il sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in caso di emergenza (SURE) ha mobilitato ingenti mezzi finanziari per combattere le conseguenze economiche e sociali negative dell’epidemia di coronavirus sul loro territorio. SURE è stato un elemento cruciale della strategia globale dell’UE per proteggere i cittadini e mitigare le conseguenze socioeconomiche gravemente negative della pandemia di coronavirus. In particolare, lo strumento SURE ha agito come seconda linea di difesa, sostenendo regimi di lavoro a tempo ridotto e misure simili, per aiutare gli Stati membri a proteggere i posti di lavoro e quindi i lavoratori dipendenti e autonomi dal rischio di disoccupazione e perdita di reddito. I prestiti concessi agli Stati membri nell’ambito dello strumento SURE erano sostenuti da un sistema di garanzie volontarie da parte degli Stati membri. Il contributo di ciascuno Stato membro all’importo complessivo della garanzia corrisponde alla sua quota relativa nel reddito nazionale lordo (RNL) totale dell’Unione europea, sulla base del bilancio UE 2020. Dopo le proposte di assistenza aggiuntiva di 8,9 miliardi di euro a 11 Stati membri (Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Cechia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta e Portogallo), il Consiglio ha approvato un totale di 98,4 miliardi di euro di sostegno finanziario a 19 Stati membri, sulla base delle proposte della Commissione. Con l’erogazione finale (14 dicembre 2022), l’UE ha fornito 98,4 miliardi di euro in prestiti back-to-back.
(3) Preoccupante il recente cambiamento di rotta in seno al Consiglio anche da parte dei rappresentanti Italiani sulla proposta relativa al ripristino della Natura (2022/0195 (COD)) che pure era già stata votata dal Parlamento europeo e, per la quale, il Consiglio aveva annunciato un voto favorevole.
(4) Vedi https://wwfeu.awsassets.panda.org/downloads/cso_letter_final.pdf.
(5) Vedi Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2024 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle associazioni transfrontaliere europee (COM(2023)0516 – C9-0326/2023 – 2023/0315(COD)).
(6) Direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE.